Cosa resterà dell’isolamento?

Il corona virus ci ha cambiato. Le nostre vite sono cambiate. Resterà qualcosa di tutto questo tra qualche anno?

La speranza oggettiva è che una situazione come questa non ritorni mai più. Che sia stata una casualità, che sia stato un virus davvero nato in laboratorio e poi sfuggito, che sia un stato un  gioco geo-politico poco importa: non ne abbiamo bisogno.

Abbiamo dovuto reinventare le nostre vite in poco tempo. All’inizio sembrava uno scherzo. Poi è diventato tremendamente vero ed è iniziata la paura.  I numeri di morti e contagi non bastavano e sono serviti decreti con sanzioni immediate che forse non tutti abbiamo recepito  nemmeno tutti. Allora mi chiedo: cosa resterà di tutto questo tra qualche anno?

Il corona virus ci ha insegnato che la nostra società moderna che credevamo solida e stabile può vacillare fino a frantumarsi come un calice di cristallo caduto sul pavimento. Siamo nati in un ambiente che a pensarci bene ha ben poco di cui andare fieri. Utilizziamo le risorse senza ritegno, sfruttiamo gli animali senza pietà per il nostro benessere. Ci interessa poco di chi sta peggio e non siamo così interessati a reperire informazioni sul perché una parte del mondo sia alla povertà più estrema.

Da società di arti e mestieri ci stiamo (e ci stanno) trasformando in esseri sempre più pigri, abituati ad essere imboccati e guidati e con una cultura sempre più bassa e sempre meno incline al farsi qualche domanda. Prendiamo la realtà per quello che è e deve essere e poco ci interroghiamo se quanto ci viene proposto è giusto ed è l’unica via.

Sono praticamente sicuro che al fine di questo incubo la gente tornerà a vivere come prima. Da romantico ho un sogno: vorrei che qualcosa di tutto questo rimanesse in noi.

  1. La libertà. Vorrei che capissimo che la libertà è un principio che vale davvero tanto. La libertà di uscire di casa, di passeggiare, di andare da un amico. Non conta quanto sia grande la propria casa se comunque non puoi uscirne.
  2. Il viaggio. Quanti di noi darebbero grandi cifre per potere fare anche un piccolo viaggio per spezzare l’isolamento o la “quarantena”? Molti. Ecco, mi piacerebbe che questo tornasse nelle nostre teste: non conta dove andiamo, non serve fare migliaia di km per trovare un angolo di paradiso.
  3. I supermercati presi d’assalto i primi giorni hanno buttato la gente nel panico. Niente più sughi pronti, niente più croissant per la colazione e niente più lasagna precotta. E se fosse la volta buona che capissimo che il ristorante va bene una volta alla settimana ma saper cucinare tutto ci salva la vita? Del resto i miei nonni che erano contadini e vivevano lontani dalle grandi città mi raccontavano che ognuno, a quei tempi, sapeva fare il pane e lo faceva.
  4. Lo sport. Non serve andare in una palestra attrezzata per riuscire, un minimo, a tenersi in forma. Da pigri senza speranza potremo tutti diventare atletici senza troppo sforzo. Ce lo chiede la nostra salute prima di tutto.
  5. La tecnologia. A volte ci annienta e ci oscura i momenti più belli. Altre possiamo essere noi a sfruttarla per avere più tempo. Sarebbe bello che alcune professioni e alcuni lavori venissero proposti da casa. Socializzare è importante ma perché muoversi ossessivamente ogni giorno se possiamo fare lo stesso, a volte meglio, da casa? Ne beneficerà l’ambiente, il nostro portafoglio e saremo meno stressati.

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